Borgo delle Colonne
Borgo delle Colonne (foto d’epoca)
Qui, al n. 6, nel Palazzo dei Conti Simonetta, risiede la prima comunità delle Piccole Figlie dei SS. Cuori di Gesù e Maria, all’epoca dell’ ingresso di Eugenia in Congregazione, il 31 agosto 1887.
“Ero felicissima e ferventissima, tanto che qui avrei camminato anche sulla brace”, scriverà poi ricordando quel momento.
In questa stessa sede il 14 settembre 1871 è trasferito da Piazzale S. Apollonia l’Istituto della Provvidenza, poi chiamato “Convitto delle Artigianelle di S. Giuseppe”.
Casa Madre “Piccole Figlie”
Dal 1900 ad oggi la Casa Madre delle Piccole Figlie ha sede in P.le S. Giovanni, 7. Qui abita Madre Eugenia Picco, durante gli anni della sua vita religiosa e del suo servizio.
Attigue alla Cappella della Casa Madre, sono conservate la sua tomba e quella di Don Agostino Chieppi, fondatore della Congregazione.
Urne di don Agostino Chieppi e madre Eugenia Picco
Così è scolpito sull’urna di Eugenia:
Il 7 settembre 1946, nel XXV anniversario della morte preziosa della serva di Dio Madre Anna Eugenia Picco, le Piccole Figlie accanto alle ossa del Venerato Fondatore ne posero le spoglie mortali per attingere da queste urne luce e conforto nel cammino della virtù.
Casa Madre al tempo della prima conflagrazione mondiale
Allo scoppio del primo conflitto mondiale, Eugenia, già Superiora generale, concede i locali di questa casa al Comando militare (1 luglio 1915).
Ella sovviene alle pressanti necessità aprendo negli stessi ambienti una Sala di Custodia per i figli dei Militari (21 luglio 1915), una Sala di Lavoro (6 luglio 1915) e rendendoli sede di Scuole elementari (29 ottobre 1915).
L’attuale Casa Madre era proprietà della Marchesa Guerrieri Caggiati, la quale il 4 agosto 1886, ne fece dono alla Congregazione delle Piccole Figlie. Queste poterono, così, procurare un locale più adatto alle alunne del Convitto “Orfane Artigianelle”, che si trovava in borgo Aurelio Saffi. Il 2 luglio 1889, veniva benedetta dal Vescovo Mons. Miotti la cappella, fatta anch’essa costruire dalla Marchesa Caggiati. Sul suo altare celebrò la messa Mons. Giuseppe Sarto , Vescovo di Mantova, che in seguito fu eletto Papa, con il nome di Pio X. Mons. Agostino Chieppi, nel 1890, ottenne che vi si aprisse una Casa di Cura, perchè servisse di tirocinio alle suore infermiere. Nell’ agosto del 1891 egli stesso, ammalatosi vi fu ricoverato, e vi morì il 7 settembre 1891. Avvenuta la fusione del Convitto Orfane Artigianelle con l’ Istituto della Provvidenza, la nuova istituzione vi prese dimora con il nome: “Convitto Artigianelle di S. Giuseppe” . Nel 1900 vennero trasferiti qui la Casa Madre e il Noviziato, già residente l’una in Borgo delle Colonne , l’altro in borgo Bernabei, dove a sua volta fu spostato il Convitto.
Villa Ombrosa (Ex ospedale militare)
Villa Ombrosa – Ponte di Mezzo (foto d’epoca)
Il governo di Madre Eugenia (1911-1921), a motivo della guerra vede l’apertura di opere straordinarie soprattutto nel settore infermieristico e assistenziale.
Richieste di un servizio straordinario presso l’ Ospedale Militare di Villaombrosa nel 1918 (ora sede della Cassa di Risparmio), Madre Eugenia concede volentieri la presenza di tre sorelle infermiere. Conclusa l’emergenza e chiuso l’Ospedale, le Piccole Figlie vi continuano a prestare la loro attività per alcuni mesi ancora, permanendo il “Lazzaretto Militare”.
Il 16 giugno 1919 vede il rientro definitivo delle Piccole Figlie dal Lazzaretto e con esso la conclusione delle opere straordinarie intraprese durante la guerra mondiale.
Ex Casa di Cura Monguidi
La Cronaca della Congregazione il 1° novembre 1912 registra:
“Inaugurazione dell’entrata di alcune Piccole Figlie nella Casa di Cura Monguidi-Vecchi, per direzione e servizio”.
E’ una delle prime risposte che Eugenia, Superiora Generale da un anno, offre alle numerose richieste sul territorio di presenze infermieristiche. In questa Casa di Cura (trasformato in Ospedale Militare durante il periodo bellico) viene ricoverata lei stessa, il 2 maggio dell’anno successivo, per esservi operata. Il 15 maggio 1919 la Casa di Cura è riaperta dopo che, il 30 aprile dello stesso anno, era stato chiuso il Reparto Ufficiali nel quale le Piccole Figlie avevano prestato servizio.
Posta a Parma in viale Veneto, 17 , fu costruita ex novo nel 1912 dai Professori di cui prese il nome. Fu la prima Casa di Cura privata sorta in Parma, ed in essa fu anche impiantato il primo gabinetto radiologico della nostra città. Diretta dal Prof. Monguidi, chirurgo generale e primario dell’Ospedale Civile di Parma, dal Prof. Mario Vecchi, libero docente di clinica Ostetrica ginecologica della Università di Parma, e dal Dott.Giuseppe Vecchi, vi si accolsero infermi di chirurgia ed ortopedia e malate di ostetrica e ginecologia. Durante la guerra la casa rimase chiusa per due anni. Dopo il disastro di Caporetto essa fu requisita dall’autorità militare ed adibita al ricovero degli ufficiali feriti ed a tale destianzione rimase fino al termine della guerra. Fu riaperta nel 1919. Il servizio di assistenza ai ricoverati, di preparazione del materiale occorrente agli atti operativi e di assistenza ai medesimi, di guardaroba, di cucina… fu affidato alle Piccole Figlie dei SS. Cuori.
Seminario Maggiore (Ex ospedale contumaciale)
Dal 30 Ottobre 1915 al 1° gennaio 1915 le Piccole Figlie prestano il loro servizio presso l’ Ospedale Contumaciale aperto nel Seminario Maggiore di Parma. Ai primi di gennaio del 1916 l’Ospedale, essendo posto nel centro della Città, viene trasferito nel Collegio Maria Luigia mentre l’Ospedale Militare della Croce Rossa che lì si trova, è traslocato in Seminario.
Superiora generale della Congregazione, Madre Eugenia rende disponibile un congruo numero di suore infermiere presso entrambi gli Ospedali per una emergenza che si potrae sino al termine del conflitto.
Da una Relazione fatta dalle suore stesse sul lavoro svolto presso l’Ospedale del Seminario leggiamo:
“L’Ill.mo Sig. Prof. Ambrogio Ferrari nominato Direttore del nuovo Ospedale Militare di Riserva impiantato nel locale del Seminario Maggiore di Parma ceduto con larghezza d’animo da Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Vescovo Guido M. Conforti, chiese ed ottenne dai Rev.mi Superiori alcune Suore per l’assistenza dei poveri feriti ricevuti nel suddetto Ospedale.
I Rev.mi Superiori, con l’approvazione di Sua Eccellenza Rev.ma, ben volentieri accettarono la proposta, contenti che le Piccole Figlie si prestassero per quest’opera importante e straordinaria e si sacrificassero a bene di tanti poveri sofferenti, vittime del loro dovere di cittadini italiani. Molto più che con quest’opera straordinaria si chiudeva il Cinquantesimo anno della fondazione della Congregazione nostra.
Lascio ora immaginare con quale ansia, trepidazione, timore ci accingemmo a quest’opera, nonostante che la maggior parte di noi fosse già pratica d’infermeria.
L’Ill.mo Sig. Prof. Ferrari aveva promesso che in principio avrebbe accettati pochi feriti allo scopo di facilitare a noi quest’impresa importante e affatto nuova. Per contro lo scarico del primo treno fu di 325 feriti e per di più contumaciali. Mentre ci aveva assicurato che il detto Ospedale non sarebbe mai stato tale, tanto è vero che molte signore si erano presentate volenterose di coadiuvarci nell’opera ma appena seppero che avevano reso l’Ospedale Contumaciale, si ritirarono.
Come dissi, i primi feriti furono in numero di 325 ed era la prima volta, nel corso di cinquant’anni, che le Piccole Figlie si trovarono di fronte a tanti ammalati, solite a prestare l’opera nostra in piccoli Ospedali di campagna contenenti non più di venti letti, con amministrazione civile, con lavoro per parte nostra più diretta che direttiva, rese a noi più difficile questa nuova opera specialmente nei primi giorni che ci fruttarono pene, sacrifici, umiliazioni; Iddio però ci fu largo del suo aiuto, ci protesse e speriamo che le nostre umiliazioni abbiano fruttato maggiore stima e benemerenza alla nostra Congregazione.
I letti preparati non furono che 300 e gli ammalati entrati 325 sicchè si dovettero adagiare, i 25 in più, su le barelle o sui tavolati attendendo brande, coperte ecc. dall’Ospedale Militare Centrale.
Immenso fu il lavoro nostro di quel giorno, accresciuto in parte dalla mancanza in noi di pratica e di esperienza, e come dissi, anche del necessario materiale e personale. Lo scarico ebbe principio verso le ore quattro pomeridiane e tra una cosa e l’altra ci portammo all’una dopo mezzanotte. Ci recammo al riposo ma per poche ore; alle cinque ci alzammo e nuovamente all’opera. Peggio forse sarebbe andato se la Rev.da Superiora dell’Ospedale Militare Centrale, nella sua singolare bontà, non ci avesse mandata, nei primi giorni, una delle Sue Suore ad iniziarci in quest’opera importante.
L’opera nostra in Seminario fu molto breve, non durò che due mesi cioè dal 30 Ottobre al 31 Dicembre, fu però un intreccio di opere pesanti, un intreccio di sacrifici, un lavoro continuato. In questi due mesi i nostri ammalati furono circa 1440, parte feriti parte coi piedi congelati e parte ammalati d’iterizia, tifo, bronchite, polmonite, esaurimento nervoso enterite ecc. Alcuni affetti di risipola, altri di tetano, alcuni sospetti di colera, ed altri veri apportatori del bacillo del colera. Benchè sempre in mezzo alle infezioni Iddio ci aiutò ad uscirne incolumi. Deo Gratias. Di 1440 feriti i morti non furono che 24 e tutti lasciarono la presente vita rassegnati e confortati dai SS.mi Sacramenti, grazie l’opera zelante prima del R.mo Sig. Don Furlotti e poi del R.mo Padre Antonio Sartori, ed anche grazie all’opera delle R.de Suore infermiere.
Fu breve è vero il tempo che passammo in Seminario, ma però fu sufficiente a farci acquistare tanta esperienza e pratica da rendere più tardi meno difficile e pesante la medesima opera.
In questo breve tempo dovemmo assistere a scene commoventi e strazianti specialmente all’arrivo di genitori de’ poveri sofferenti, ma anche scene confortanti e edificanti nel riscontrare tanta pazienza, rassegnazione, fede in mezzo a tanti dolori. ”
Collegio Maria Luigia (Ex ospedale militare)
Ai primi di gennaio del 1916, in piena conflagrazione mondiale, l’Ospedale Militare della Croce Rossa, aperto all’interno del Collegio Maria Luigia, è traslocato nel Seminario Maggiore e l’Ospedale Comtumaciale del Seminario trasferito nella sede del Collegio Maria Luigia.
Attenta alle emergenze, senza limiti nella disponibilità, Eugenia Picco, Superiora generale della Congregazione delle Piccole Figlie, dal 1° gennaio al 30 dicembre 1916 concede le suore per l’assistenza in questa opera delicata e pericolosa a motivo della continua esposizione a contagi.
Da una Relazione fatta dalle suore stesse sul lavoro svolto presso l’Ospedale del Seminario, leggiamo:
“Com’era da prevedersi l’Ospedale Contumaciale in Seminario non poteva durare lungamente essendo posto nel centro della Città, sicchè ai primi di gennaio 1916 venne trasferito nel Collegio Maria Luigia e l’Ospedale Militare della Croce Rossa che trovavasi costì venne traslocato in Seminario.
Però l’apertura di detto Ospedale non ebbe luogo se non al 19 Aprile del medesimo anno…
Non dimenticheremo il 21 Marzo 1916 nel quale giorno ci vennero a chiamare per tempissimo (eravamo ancora al riposo). Una chiamata così improvvisa ci fè presagire l’arrivo de’ feriti e quindi in fretta, piuttosto agitate senza ascoltare la S. Messa e senza la S. Comunione ci recammo tutte all’Ospedale. Entro la mattinata vi doveva esser la visita nell’Ospedale di un generale e ci chiamarono perché pensassimo a fare riordinare i vari Reparti.
Fu il 24 Marzo vigilia della SS. Vergine Annunciata, in cui prendemmo dimora, anche notturna, nel detto Ospedale nel Reparto noi assegnato. Reparto affatto isolato dai Reparti ammalati posto al secondo piano, composto di undici camerette arieggiate, pulite, allegre, divise da un lungo corridoio…
Tutte le mattine ci recavamo ad ascoltare la S. Messa nella vicina Parrocchia di S. Sepolcro e nel pomeriggio si recitava il S. Rosario nella Cappelletta interna dell’Ospedale insieme alla truppa che in buon numero aderiva all’invito nostro. Si cantavano anche lodi alla Vergine SS. Benchè ci fossimo trovate bene all’Ospedale sotto ogni rapporto, pure attendemmo con ansia l’arrivo de’ poveri feriti onde occuparci nell’opera pietosa, sublime a noi affidata. Giunse finalmente l’alba del 19 Aprile in cui venne appagato il desiderio nostro. L’Ospedale Contumaciale ormai era completamente ordinato, organizzato, ogni cosa conforme l’esperienza e la pratica appresa avevano suggerito.
Tutto faceva presagire che l’opera si sarebbe svolta abbastanza bene e così avvenne…
Come dissi l’Ospedale Contumaciale si riaperse il 19 Aprile nel Mercoledì santo sicchè passammo i giorni solenni della S. Pasqua in stretta Contumacia. I primi ammalati furono 276, la maggior parte feriti. Con la pratica ed esperienza appresa in Seminario ci mettemmo all’opera con maggior coraggio ed attività e il lavoro ci riuscì meno gravoso e pesante. Dal 19 Aprile al 30 Dicembre 1916 gli ammalati entrati per la contumacia nell’Ospedale Maria Luigia furono circa 6300, la maggior parte feriti o col congelamento dei piedi. Fra gli ammalati ebbimo molti casi di tifo, di tubercolosi, di enterite, d’iterizia, di esaurimento nervoso, di polmonite, bronchite, artrite, alcuni casi di meningite cerebro-spinale alcuni sospetti di colera e parecchi casi di veri apportatori del bacillo del colera. Parecchi casi anche di tetano e di risipola. Nei primi treni ebbimo anche non pochi casi di sordomuti e di ciechi. L’undicesimo treno recò 9 tedeschi feriti fatti prigionieri. Il 112°treno arrivò di notte e di notte all’una se ne fece lo scarico. Lascio immaginare il lavoro e la confusione di essa. Dal 19 Aprile al 30 Dicembre i morti in codesto Ospedale Contumaciale furono 18 e tutti morirono bene coi conforti di nostra S. Religione e con presente il Sacerdote. Molte scene strazianti dovemmo assistere dalla presenza dei parenti dei poveri soldati defunti anzi a noi toccò più volte il pietoso e delicato ufficio di comunicar loro la triste notizia e di confortarli.
Mercè l’opera indefessa e zelante del Rev.mo Padre Antonio Sartori e delle Rev.de Suore infermiere, in ogni cambiamento di ammalati ebbime centinaia di Comunioni e la maggior parte de’ nostri ammalati uscivano dall’Ospedale riconcialiati con Dio. Quanti non furono anche coloro che per la prima volta ricevettero Gesù nel loro cuore. Non pochi furono gli esempi edificanti che ci lasciarono giovani soldati vittime del loro dovere di cittadini; esempi di viva fede, di santa uniformità al Divino volere, di fortezza e pazienza nei dolori, di cristiana pietà e semplicità.”