Sr Matilde Torcolacci

Nasce a S. Angelo in Vado (PS): 25.03.1924
Entra in Congregazione: 03.08.1940
Inizio Noviziato: 02.07.1941
Professione Temporanea: 02.07.1943
Professione perpetua: 02.07.1948
Deceduta a Villa Chieppi: 07.01.2010

Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo”
(Sl 126,5)

Un giorno di dolore/la luce più non vidi;
gridai allor: Signore!.../ Ma Lui non mi rispose.

La fede allor mi disse: / comincia a camminare,
ma il buio e la paura /mi fecero vacillare.

Gridai allor: Maria!.../La mano sua materna
sentii accanto a me; /compresi allor, Signore,
che solo di dolore /si nutre il vero amore.

Da allora la mia vita / trascorre ognor serena
nel buio e nel dolore.

Accetta , o Madre cara, /il grazie del mio cuore
unito alla preghiera: / “De’ svela al mondo intero
il volto luminoso / del Figlio tuo Gesù”.

Può bastare questa poesia fatta preghiera, per comprendere chi era Sr. Matilde.

Un cammino segnato dalla croce e vissuto in intima sintonia con quel Gesù che ha fatto di lei una sua sublime immagine. Sì, perché non si può ricordare Sr. Matilde senza pensare a tutto il travaglio del suo dolore, misteriosamente associato ad una profonda serenità, frutto di puro amore.

Entrò in Congregazione giovanissima e subito si dedicò con generosa e intelligente sollecitudine all’umile servizio di cuciniera in diverse case dell’Istituto.          
Nascosta, ma presente ovunque con la dolcezza e la serenità di una persona di Dio.

A poco più di quarant’anni il diabete la portò alla cecità; forse per scarsa prevenzione dei medici che l’ebbero in cura? Ma no, la sua strada era segnata dall’alto: una configurazione piena al Signore della sua vita. Lo dimostra il succedersi delle infermità. A poco a poco, alla mancanza della vista, dichiarata “cecità completa” nel 1971, si aggiunse un progressivo calo dell’udito, per il quale non ci fu rimedio. Un isolamento dal mondo esterno e un incontro sempre più profondo e radicale con il Signore, che la faceva essere, con la sua testimonianza e la sua preghiera, un angelo nei confronti di quanti l’accostavano.

L’ultimo tempo della sua vita nelle opere lo trascorse a Baganzola. Nei quattro anni vissuti in quella comunità, con il ruolo di lavapiatti, si maturò il suo calvario ed è incredibile il segno di bontà, di fede e di speranza che seppe trasmettere a chi, al suo fianco, soffriva per altre grandi tribolazioni.

Quando da Baganzola, nel 1971, passò a Villa Chieppi, era fra le più giovani, ma in che situazione! Scelse di dedicarsi alla stireria e lo faceva con tale perfezione da sfidare qualsiasi perfetta vedente. Il suo percorso tra comunità, cappella e guardaroba divenne ben presto famigliare e a nessuno fece mai pesare la sua situazione, ma anche qui seminò serenità e speranza.

Nel 1997 passò con tutta la comunità a Marola e qui avvertì il disagio dei percorsi nuovi, a lei non più famigliari, ma continuò a servire fin che ne ebbe la possibilità.

Gradatamente, alla cecità si andava accompagnando la sordità e la incapacità di deambulazione, con altri disturbi delicati e dolorosi. La sua forza era Lui, il Crocifisso, come ci confida in un’altra sua composizione:

Crocifisso mio Signore, / e trafitto per amore
non c’è uom che ti contempli / e non senta nel suo cuore
un sussulto di dolore. / E’ per me che tu hai sofferto,
per condurmi verso il Padre / e da te purificata
poterti contemplare.

Dammi fede, dammi amore / perché possa io scoprire
in ogni pena e dolore / sempre un dono del tuo amore.
Se una goccia dell’angoscia / che trapassò il dolce tuo Cuore
a me, Cristo, vuoi donare, / dammi forza perché possa sopportare,
sempre unita a te, Gesù.
Dammi fede, dammi amore, / dammi forza di sperare,
che al di là della morte e del dolore / tu mi aspetti Crocifisso,
ma Risorto, mio Signore.

Cara Sr. Matilde, sei giunta all’appuntamento da tanto agognato: aiutaci a seguire le tue orme per camminare come hai fatto tu, nel sentiero scosceso e luminoso che ci porta alla Patria, senza ripiegamenti, testimoniando al mondo che anche il soffrire è dono.